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Tra gli elementi della figurazione, il colore è l’elemento più affine alla musica.

E’ noto e facilmente riscontrabile come, nella lettura che musicisti, cantanti e critici musicali danno dei brani sinfonici o lirici nei quali sono impegnati,  si parli di “coloriture” o di “sfumature”, talvolta persino di profumi (v. nota 1 riferita a “La Mer” di Claude Debussy), per non dire delle “crome” e delle “biscrome”. Allo stesso modo, in pittura, si distingue la pittura “tonale” dalla pittura “timbrica”, si dice di colori “chiassosi”, di sonorità degli effetti cromatici, etc. etc.

Trattare del colore come funzionale all’espressione di sentimenti comporta un riferimento quasi automatico all’Espressionismo. Tuttavia il colore non è funzionale solamente alla traduzione di una tensione morale: il progetto cromatico sul quale un’opera viene basata può orientare le sensazioni che si intendono suscitare in direzioni diverse dalle soluzioni altamente drammatiche della pittura espressionista (o riconducibile all’espressionismo) per le quali il colore è sicuramente lo strumento più versatile.

Ricondurre il colore a mero strumento della figurazione significa che le dinamiche percettive che caratterizzano l’opera sono attuate tramite  gli impianti tonali, gli accostamenti cromatici o la composizione delle superfici colorate, così che il colore non sia più solamente il complemento di un soggetto o della  nozione che l’opera rappresenta. Naturalmente, gli elementi che convergono a creare l’opera d’arte possono essere molteplici e legati a diversi fattori: sia tecnici che di contenuto, per i quali il colore sia la dominante o il complemento.

Le opere che seguono sono esempi, non esaustivi,  nei quali, a prescindere dai moventi che le hanno generate, dai messaggi e dai significati che le siano stati attribuiti,  il colore è l’elemento  principale scelto per definirne il carattere.

 

Raffaello Sanzio:Baldassar Castiglione, 1515; Frans Hals: L’allegro bevitore, 1630; Lucas Cranach il vecchio: Martin Lutero, 1530

 

Tre ritratti di personaggi assai diversi per tipo umano e carattere, tutti e tre modulati su tonalità  sostanzialmente neutre  ed equilibrate salvo una moderata accentuazione ad interrompere ad arte la continuità della percezione, così da convogliare l’attenzione di chi osserva sul carattere del personaggio per sollecitarne l’indagine introspettiva.  Così in Raffaello, i toni caldi dei grigi sono rapportati ai toni di nero così da ravvivarne la morbidezza, mentre lo stacco deciso del bianco del colletto conduce alla composta autorevolezza del “Cortegiano”, risaltandone il tratto raffinato. La tonalità rosata del viso, unica variante cromatica alla uniformità della gamma coloristica  sottolinea nell’espressione del soggetto la piena consapevolezza del ruolo sociale che esso ricopre.

La bonaria allegria del bevitore di Hals, a ben vedere, si concretizza nel calibrato contrasto di due toni: il caldo giallo-ocra, diffuso con varia intensità per tutto il quadro e il nero freddo del grande cappello che incornicia, risaltandola, la fisinomia rubiconda del soggetto, i cui toni del rosso e del rosa ricordano, sia pure con maggiore intensità, lo stesso espediente escogitato da Raffaello per il ritratto del Castiglione. In entrambi i casi citati, l’intenzione dell’artista è di rappresentare il carattere del soggetto ritratto senza procedere ad una indagine introspettiva, ma rendendone la manifestazione “sociale”.

Il soggetto su cui si cimenta Cranach non gli consente, invece, di separare l'immagine "sociale" o pubblica del personaggio da quella intima e privata. Più degli altri, infatti, l’immagine che di Lutero si viene a trasmettere deve coincidere con l’inflessibile disciplina sulla quale l'agostiniano ha formato la sua natura. L’ascetismo e l’intransigenza sui quali ha basato la Fede della quale ha dettato i principi devono trasparire in modo inequivocabile. Nulla di strano, quindi, che il colore nero campeggi con minime variazioni tonali o luministiche e l’azzurro del fondo si stagli uniforme limitandosi a suggerire l’idea di un cielo, ma senza provocarne la sensazione. Appare quindi evidente come un tale impianto coloristico sia diretto ad esaltare, attraverso la fredda determinazione dello sguardo, il tono livido e indifferenziato del viso che, in un contesto così articolato, sembra emergere dal quadro occupandone la parte compositivamente più significativa.

n.b.

  1. Arturo Toscanini (1967-1957) era notoriamente molto esigente con i suoi orchestrali, al punto da arrivare ad insultarli, anche pesantemente, se si ostinavano a “non capire” quello che lui pretendeva e si sforzava di spiegare loro. Le cronache (o le leggende) che lo riguardano ci raccontano che quando ancora si trovava in esilio a New York, dovendo provare, con la sua altrettanto celebre NBC Simphony Orchestra, “La Mer" di Debussy, così si rivolse agli orchestrali: ”Proveremo di nuovo i tre movimenti de “La Mer”.  Ieri ho sentito che il moto ritmico delle onde e l’iridescenza delle acque al sorgere del sole erano bene espressi, però, sarà stato per colpa mia, mancava completamente il profumo del mare all’alba. Oggi cerchiamo di mettercelo.”.
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